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Giovedì 26/1/2017 - 10:15 (UTC) Per la prima volta, non è stato eletto presidente degli Stati Uniti il candidato che ha ricevuto più soldi bensì quello che ha ricevuto meno della metà del suo concorrente. La maggior parte dei finanziamenti del presidente eletto sono pervenuti dall’economia reale (agricoltura, industria di base e manifatturiera), mentre la maggior parte dei finanziamenti della sua concorrente sono pervenuti dalla finanza e dal complesso industriale-militare. Una volta che siano state adempiute alcune promesse verso petrolieri e lobby ebraica, il nuovo presidente potrà condurre la sua battaglia contro la finanziarizzazione ed a favore dell’economia reale, soprattutto del lavoro. Non sarà effettivo cambiamento ma l’ultimo tentativo di mantenere la struttura gerarchica selettiva del sistema economico finalizzato all’accumulazione di ricchezza mediante il profitto (plusvalore) derivante dallo sfruttamento del lavoro. Sarà avversato da tutti coloro che negli ultimi trent’anni hanno tratto vantaggio dalla globalizzazione sregolata e dal basso costo del lavoro delle economie emergenti. Così, pochissimi hanno centuplicato le loro ricchezze e tutti gli altri sono stati impoveriti. Ora è finita. Tuttavia, l’élite che controlla il denaro non vuole arrendersi. Qualcuno penserà anche alla soppressione del nuovo presidente. Sarebbe un gravissimo errore. Scoppierebbe l’inferno. Non solo negli Stati Uniti ma in tutto il pianeta. Questo è un avvertimento ed una promessa.

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